DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALLA 68.ma SETTIMANA LITURGICA NAZIONALE

Aula Paolo VI
Giovedì, 24 agosto 2017
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Dopo aver ripercorso con la memoria questo cammino, vorrei adesso toccare alcuni aspetti alla luce del tema su cui avete riflettuto in questi giorni, cioè: “Una Liturgia viva per una Chiesa viva”.

– La liturgia è “viva” in ragione della presenza viva di Colui che «morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita» (Prefazio pasquale I). Senza la presenza reale del mistero di Cristo, non vi è nessuna vitalità liturgica. Come senza battito cardiaco non c’è vita umana, così senza il cuore pulsante di Cristo non esiste azione liturgica. Ciò che definisce la liturgia è infatti l’attuazione, nei santi segni, del sacerdozio di Gesù Cristo, ossia l’offerta della sua vita fino a stendere le braccia sulla croce, sacerdozio reso presente in modo costante attraverso i riti e le preghiere, massimamente nel suo Corpo e Sangue, ma anche nella persona del sacerdote, nella proclamazione della Parola di Dio, nell’assemblea radunata in preghiera nel suo nome (cfr SC, 7). Tra i segni visibili dell’invisibile Mistero vi è l’altare, segno di Cristo pietra viva, scartata dagli uomini ma divenuta pietra d’angolo dell’edificio spirituale in cui viene offerto al Dio vivente il culto in spirito e verità (cfr 1 Pt 2,4; Ef 2,20). Perciò l’altare, centro verso cui nelle nostre chiese converge l’attenzione,[11] viene dedicato, unto con il crisma, incensato, baciato, venerato: verso l’altare si orienta lo sguardo degli oranti, sacerdote e fedeli, convocati per la santa assemblea intorno ad esso;[12] sopra l’altare viene posta l’offerta della Chiesa che lo Spirito consacra sacramento del sacrificio di Cristo; dall’altare ci sono elargiti il pane della vita e il calice della salvezza «perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito» (Preghiera eucaristica III).

– La liturgia è vita per l’intero popolo della Chiesa.[13] Per sua natura la liturgia è infatti “popolare” e non clericale, essendo – come insegna l’etimologia – un’azione per il popolo, ma anche del popolo. Come ricordano tante preghiere liturgiche, è l’azione che Dio stesso compie in favore del suo popolo, ma anche l’azione del popolo che ascolta Dio che parla e reagisce lodandolo, invocandolo, accogliendo l’inesauribile sorgente di vita e di misericordia che fluisce dai santi segni. La Chiesa in preghiera raccoglie tutti coloro che hanno il cuore in ascolto del Vangelo, senza scartare nessuno: sono convocati piccoli e grandi, ricchi e poveri, fanciulli e anziani, sani e malati, giusti e peccatori. Ad immagine della “moltitudine immensa” che celebra la liturgia nel santuario del cielo (cfr Ap 7,9), l’assemblea liturgica supera, in Cristo, ogni confine di età, razza, lingua e nazione. La portata “popolare” della liturgia ci ricorda che essa è inclusiva e non esclusiva, fautrice di comunione con tutti senza tuttavia omologare, poiché chiama ciascuno, con la sua vocazione e originalità, a contribuire nell’edificare il corpo di Cristo: «L’Eucaristia non è un sacramento “per me”, è il sacramento di molti che formano un solo corpo, il santo popolo fedele di Dio».[14] Non dobbiamo dimenticare, dunque, che è anzitutto la liturgia ad esprimere la pietas di tutto il popolo di Dio, prolungata poi da pii esercizi e devozioni che conosciamo con il nome di pietà popolare, da valorizzare e incoraggiare in armonia con la liturgia.[15]

– La liturgia è vita e non un’idea da capire. Porta infatti a vivere un’esperienza iniziatica, ossia trasformativa del modo di pensare e di comportarsi, e non ad arricchire il proprio bagaglio di idee su Dio. Il culto liturgico «non è anzitutto una dottrina da comprendere, o un rito da compiere; è naturalmente anche questo ma in un’altra maniera, è essenzialmente diverso: è una sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede».[16] Le riflessioni spirituali sono una cosa diversa dalla liturgia, la quale «è proprio entrare nel mistero di Dio; lasciarsi portare al mistero ed essere nel mistero».[17] C’è una bella differenza tra dire che esiste Dio e sentire che Dio ci ama, così come siamo, adesso e qui. Nella preghiera liturgica sperimentiamo la comunione significata non da un pensiero astratto ma da un’azione che ha per agenti Dio e noi, Cristo e la Chiesa.[18] I riti e le preghiere (cfr SC, 48), per quello che sono e non per le spiegazioni che ne diamo, diventano pertanto una scuola di vita cristiana, aperta a quanti hanno orecchi, occhi e cuore dischiusi ad apprendere la vocazione e la missione dei discepoli di Gesù. Ciò è in linea con la catechesi mistagogica praticata dai Padri, ripresa anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica che tratta della liturgia, dell’Eucaristia e degli altri Sacramenti alla luce dei testi e dei riti degli odierni libri liturgici.[…]

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Don Andrea Contrasti